Falsi appalti nelle pulizie anche in Friuli, scoperta una frode milionaria

Tre persone denunciate nel Trevigiano. L’indagine della Guardia di Finanza

Le Fiamme Gialle del comando provinciale di Treviso hanno scoperto e bloccato una frode fiscale attuata, tra il 2018 e il 2022, mediante falsi contratti d’appalto, per oltre 10 milioni di euro, nel settore delle pulizie per alberghi e ristoranti, ubicati tra le province di Treviso, Belluno, Padova, Venezia, Vicenza, Pordenone, Udine, Bergamo, Milano, Monza Brianza, Varese, Bologna, Firenze, Lucca e Massa Carrara.

Tre le persone denunciate alla Procura della Repubblica di Treviso per somministrazione fraudolenta di manodopera ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, per conseguire un indebito risparmio d’imposte pari a circa 2 milioni di euro.

Attraverso testimonianze, perquisizioni domiciliari e indagini bancarie, è emerso che gli indagati agivano quali amministratori di diritto e di fatto di 12 imprese con sede nel Trevigiano, dieci delle quali – sette società a responsabilità limitata e tre cooperative – venivano utilizzate per assumere i lavoratori e metterli a disposizione dei clienti, mentre le rimanenti due erano strumentalmente interposte, svolgendo, di fatto, un’illecita attività d’intermediazione di maestranze in assenza di autorizzazioni.

Sfruttamento del lavoro, soprattutto di donne straniere

Le dieci imprese appaltatrici, con 60 dipendenti in media, prevalentemente donne di nazionalità straniera, avevano esclusivamente rapporti con le due società interposte ed erano quasi tutte prive di una sede operativa. Non hanno mai depositato i bilanci e hanno maturato debiti contributivi e tributari per oltre un milione di euro: dopo un breve periodo, sono diventate inattive, per poi essere sostituite con altre dalle stesse caratteristiche.

Le attività delle Fiamme Gialle sono la prosecuzione di una precedente indagine che si era conclusa nell’ottobre 2021, con l’accertamento di falsi appalti, stipulati tra il 2014 e il 2017, per 6 milioni di euro e il sequestro di beni per 850 mila euro.

Ricorrere a società di comodo e a contratti d’appalto per aggirare la normativa sulla somministrazione di manodopera riduce le tutele dei lavoratori, creando le condizioni per il loro sfruttamento.