La vicenda capitata in Friuli.
Nel circo dei tamponi, tra green pass finti e test non fatti, capita pure che chi risulti effettivamente positivo lo venga a sapere dopo 15 giorni e abbia avuto tutto il tempo di andare in giro, incontrare altre persone e magari pure contagiarle. È quanto accaduto ad una bambina di 8 anni della provincia di Udine, i cui genitori hanno saputo solo questa mattina dal Dipartimento di prevenzione di Udine, che il tampone rapido che aveva fatto il 10 gennaio, misura precauzionale dopo due linee di febbre e visto che nella sua scuola c’erano stati dei casi tra i bambini, era positivo. Peccato che nessuno, in questo lungo lasso di tempo, si sia premurato di informare i genitori, né con una mail, né con una telefonata e né, che dire, anche solo con un semplice messaggino.
Cosí la bambina che, oltre alle due linee di febbre, non ha avuto particolari sintomi, dopo un giorno a riposo ha continuato ad andare a scuola, a frequentare sport e attività ricreative, a vedere nonni e parenti, così come i suoi genitori, che senza la terza dose sarebbero dovuti essere messi in quarantena preventiva. A raccontare la storia sono gli stessi mamma e papà, che avuta stamattina la sorpresa, si sono domandati, ovviamente, come si devono comportare adesso. Il Dipartimento, in tutta risposta, ha rassicurato i genitori, dicendo che, se sintomi non ne aveva, e se la bimba è tranquillamente uscita per tutto questo periodo, dopo aver fatto un altro test risultato negativo, ormai non c’erano più problemi. Ma il tracciamento allora? E la responsabilità indiretta di aver magari contagiato magari qualcun altro? In epoca di green pass finti e tamponi farlocchi evidentemente in Friuli può passare anche in secondo piano.