I bar e ristoranti di Udine si preparano al lockdown.
Ultimo giorno di lavoro anche a Udine, ieri, per chi lavora nel settore dei ristori. Bar e ristoranti si preparavano ad abbassare le serrande, esclusi i servizi di asporto e consegna a domicilio, prima che tutto il Friuli Venezia Giulia si tingesse di arancione a seguito della nuova ordinanza del ministro della salute, Roberto Speranza.
Le attività di bar e ristoranti si sono preparate a fare fronte ad una seconda chiusura durante lo stesso anno, e il clima ovviamente non è dei migliori.
Le interviste prima della chiusura.
“Sono costretto a chiudere, c’è poca speranza per l’attività – afferma con aria dimessa Giovanni Cavallo del bar Fever -. Sono andato anche in piazza a protestare nelle settimane scorse ma non è cambiato nulla, vedo tanta indifferenza e non percepisco neanche più il senso di manifestare dissenso“.
Franco Fiorindo, titolare del Caffè Caucig, fa notare che “noi non possiamo offrire opzioni d’asporto perché non è possibile portare a casa cappuccini, caffè e spritz. Il lavoro è diminuito sempre più con il tempo, ha influito anche la chiusura anticipata alle 18 nel dimezzare gli incassi”. Ma con una nota fiduciosa Fiorindo sottolinea “per quanto mi riguarda la chiusura la prendo quasi con positività perché non si può far altro, speriamo possa servire ad arginare un po’ la circolazione del virus per riaprire durante il periodo natalizio”.
La parola speranza accompagna un po’ tutti i piccoli imprenditori, insomma.
Rineo Serravalle titolare del Caffè Sarpi, evidenzia come “questa situazione crea sicuramente molta ansia e preoccupazione, perché si avvicina la fine dell’anno e ci sono tanti impegni di pagamento e scadenze“. Inoltre “Noi ci siamo organizzati con il take away per dare servizio alla clientela vicina, anche se non sarà sufficiente per il mantenimento dell’azienda. Sarà invece una misura per mantenere il contatto con la clientela fissa. È un’opzione che abbiamo già adottato all’epoca del primo lockdown”.
Alla Pizzeria piccola Amalfi invece, la contitolare Raffaella “Lella” Amendola dice triste che “in quest’ultimo giorno di lavoro c’è tantissima gente, ma è un’ incongruenza con le difficoltà della quotidianità“. Le difficoltà sono dovute ai costi da coprire nonostante il lavoro sia calato.
“Anche durante il lockdown – dice Amendola – abbiamo pagato l’affitto pur senza lavorare. Io propongo l’asporto ma solo per i pochi clienti fissi. La maggior parte preferisce usufruire di altri servizi d’asporto e questi alle piccole attività trattengono il 28/30% dei guadagni e non mi conviene”.
Si conclude tra amarezza e speranza questo ultimo giorno di lavoro per tutti i lavoratori nel settore della ristorazione. Almeno per ora, senza certezze di quando si potrà riaprire “in presenza”. Le ultime serrande vengono abbassate alle 18, con un po’ di ritardo a causa della movida. Ed è un arrivederci amaro.