Bar e ristoranti del Friuli contro il nuovo Dpcm.
Porte chiuse tassativamente alle 24. E dalle 21, servizio unicamente al tavolo e niente consumazioni in piedi. Il nuovo Dpcm (Decreto del presidente del consiglio dei ministri, ndr) firmato nella notte pone ulteriori paletti per ristoranti, bar e pub che, dopo la ripartenza non senza qualche difficoltà, si ritrovano altri problemi sul loro cammino.
Il provvedimento dell’esecutivo per arginare la diffusione del Covid-19, valido fino al prossimo 13 novembre, non piace. Dalla montagna alla pianura, chi ha un’attività si sente ancora una volta penalizzato. “Mi sono messo il cuore in pace, ma farmi lavorare in queste condizioni è un controsenso. Offrirò un servizio limitato, non so nemmeno se riuscirò a starci dentro con le spese”. Così Renato Tanzi, titolare della Taverna Amici di piazza Unità a Tarvisio, che non ha affatto gradito le misure adottate. “Per il tipo di locale che gestisco, che ha come orario quello serale-notturno, avrei preferito che chiudessero tutto. Appena comincio a lavorare, di fatto devo già far accomodare i clienti fuori. Capisco le difficoltà a fare delle scelte, ma mi sento preso in giro” dice. Tanzi si sofferma poi sui numeri del contagio in Fvg: “I numeri ufficiali della regione sono esigui e non c’è nulla da temere. Invece sembra la Terza Guerra Mondiale. E questi provvedimenti di certo non aiutano”.
“La categoria è stanca e delusa. Molti sono alla canna del gas e ora arrivano ulteriori limitazioni”. È amareggiato Attilio Quaglia, titolare del Tilly’s Pub in via Ermacora, in pieno centro a Tolmezzo. “Purtroppo – aggiunge – si vede sempre meno gente in giro e impedire la consumazione al banco dopo le 21 di certo non invoglierà le persone a uscire di più, anzi. Chiudere prima, poi, lo trovo un controsenso. Certo, meglio del lockdown, ma sarà ugualmente dura”. Una riflessione sul futuro: “Mi spiace soprattutto per i ragazzini – conclude Quaglia -: li vedo con la mascherina e hanno gli occhi spenti. Eppure, dovrebbero essere loro il nostro futuro”.
Il Black Stuff di via Gorghi a Udine è un tipico locale “da serata”. Apre alle 18, infatti “e così avrò soltanto 6 ore di autonomia, perdendone minimo due”. Non è felice del nuovo Dpcm nemmeno il proprietario Giovanni Pigani, che chiede qualcosa in cambio al governo. “Visto che ci faranno lavorare di meno, sarebbe giusto che avessimo una compensazione – è il suo monito -. Non metto in dubbio che la salute pubblica vada salvaguardata, anzi. Con il distanziamento abbiamo già perso alcuni posti, e in autunno-inverno non possiamo di certo recuperare con i tavoli all’esterno, visto il clima”. Pigani lancia poi una provocazione (ma neppure tanto): “Un lockdown vero e proprio sarebbe stato più produttivo: ora dobbiamo tenere aperto di meno, ma le tasse le paghiamo comunque al 100%”. Una riflessione, poi, sull’orario di chiusura: “Dovremo sbarrare la porta alle 24 ma il cliente che sta consumando l’ultima bevanda fino a che ora potrà rimanere nel locale? Non molto, certamente, ma non possiamo certo sbatterlo fuori. Il testo del Dpcm si presta a varie interpretazioni”.
Anche chef Kevin Gaddi boccia le misure del governo. “Il mondo della ristorazione è ancor più penalizzato, purtroppo. Non bastava – ricorda – togliere tavoli e persone all’interno del locale, con norme molto difficili da applicare, ora arriva anche la riduzione dell’orario. Si sa che quando si esce si va solitamente al ristorante dalle 20.30 o 21.30, quindi la chiusura alle 24 creerà molte difficoltà. Sono preoccupato”. E le scadenze fiscali incombono: “A fine anno ci sono le tasse da pagare e non ci sono aiuti per il mondo della ristorazione, ma soltanto limiti. C’è preoccupazione della gente a uscire per andare a cena ed è un altro campanello d’allarme. Spero che tutti abbiano intelligenza di uscire comunque, sempre mantenendo le regole che il governo ha dato. Se la gente non uscirà più, il mondo della ristorazione morirà in poco tempo. Mi auguro che tutti ci daremo una mano, è un momento difficile e dobbiamo uscirne tutti quanti. Spero che il Covid-19 passi in fretta: la ristorazione sta andando veramente in ginocchio”. Insomma, le preoccupazioni si toccano con mano. Sarà un mese complicato.