La Messa dello Spadone a Cividale del Friuli
La tradizione secolare della Messa dello Spadone ha illuminato ancora una volta la solennità dell’Epifania a Cividale, confermando il fascino unico di un rituale che affonda le sue radici nel XIV secolo. Per la 659ª volta dal 1366, la città ha celebrato questo suggestivo evento, che intreccia liturgia, storia e cultura in una commistione straordinaria tra fede e simboli di potere temporale.
La cerimonia e i suoi simboli
Cuore della celebrazione è l’antico stocco, una spada monumentale appartenuta al patriarca Marquardo von Randeck, brandita dal diacono e sollevata in momenti cruciali della messa. Questo gesto, accompagnato dal maestoso elmo piumato e dall’evangeliario riccamente ornato in argento, rappresenta un viaggio visivo e simbolico nelle vicende che hanno segnato l’antica giurisdizione patriarcale di Aquileia.
L’imponenza del rito, con i suoi apparati e protocolli, attrae ogni anno non solo i fedeli ma anche storici, curiosi e appassionati di tradizioni locali, rendendo la Messa dello Spadone un appuntamento imperdibile per la comunità di Cividale e non solo.
Il messaggio dell’arcivescovo
Quest’anno, la celebrazione è stata presieduta dall’arcivescovo di Udine, monsignor Riccardo Lamba, che ha offerto una profonda riflessione sul significato dell’Epifania, ricorrenza che segna la manifestazione di Dio all’intera umanità.
Celebriamo oggi la solennità dell’Epifania che ci accompagna verso la conclusione del Tempo del Natale, che terminerà domenica con la Festa del Battesimo di Nostro Signore Gesù Cristo. Si tratta di due eventi che sono come le due facce della stessa medaglia.
L’Epifania è la manifestazione di Dio, nella forma di un Bambino, a personaggi che provengono da Oriente e che non appartengono al Popolo dell’Alleanza, Israele, ma che racchiudono la sapienza millenaria dei popoli.
Il Battesimo del Signore è invece la manifestazione di Dio in un giovane adulto a persone che, appartenendo al Popolo delle Promesse, attendevano il Messia annunziato dai Profeti.
Che cosa hanno in comune queste due feste, al di là dei possibili arricchimenti che alcune tradizioni popolari possono aver portato?
Esse ci portano sempre ancora all’evento fondativo della nostra fede: Dio si è fatto uomo per amore nostro e per la nostra salvezza!
L’evangelista Matteo lo dice in modo lapidario all’inizio del brano proclamato oggi: «Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, alcuni Magi giunsero da Oriente». Non vi racconto una fiaba, ma un evento storico che fa da spartiacque nella storia: la Salvezza è stata offerta a tutti in Gesù nato a Betlemme. Nulla può essere più come prima!
Anche nel racconto di domenica prossima l’evangelista Luca farà dire a Giovanni Battista: «Io vi battezzo con acqua, ma Colui che viene dopo di me (Gesù Cristo) vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Anche qui nulla può essere più come prima: lo Spirito Santo, lo Spirito del Figlio di Dio non può essere confinato o ingabbiato: il Dio nel quale noi crediamo, il Dio che si è rivelato in Gesù Cristo, manifesta la sua volontà di essere il Salvatore di tutti i popoli, nessuno escluso!
Egli si offre come il Salvatore di tutta l’Umanità, senza imporsi mai. Egli esercita la sua onnipotenza attraverso parole e gesti, silenzi e sguardi di amore gratuitamente offerto.
A tutti coloro che con cuore retto lo hanno cercato, lo cercano e lo cercheranno, sempre Egli assicura la gioia profonda, quella di essere amati senza se, senza ma, senza “a patto che”.
Da quella casa di Betlemme, dal fiume Giordano, dai villaggi della Galilea e della Giudea, dal Calvario, dal Cenacolo, dal monte dell’Ascensione, molti dopo averlo incontrato (bambino, giovane adulto, umiliato e crocifisso, risorto) sono ripartiti trasformati dal suo Amore, indipendentemente dalla cultura, dalla nazione, dalla razza, dall’etnia, dalla tradizione religiosa.
Anche noi, venuti qui oggi per tanti motivi (fede, tradizione, curiosità) abbiamo un’occasione bella di ripartire, come i Magi, trasformati dall’Amore di Gesù Cristo, il Figlio di Dio, il nostro Salvatore, dopo esserci nutriti della Sua Parola e del Suo Corpo e del Suo Sangue, per essere testimoni di Gioia e di Speranza.