Gli animali tornano a vivere nelle aree del Carso colpite dagli incendi.
Sul carso goriziano, la fauna selvatica ha dimostrato diversi modi di reagire ai numerosi incendi che l’estate scorsa, tra luglio e agosto, hanno distrutto quasi 4000 ettari di boschi e boscaglia carsica, tra Italia e Slovenia: a un anno di distanza, nelle aree incendiate rispetto a quelle che non hanno subito l’azione del fuoco, risultano maggiormente presenti la lepre e il capriolo, oltre ad esserci una crescente presenza nell’ultimo periodo anche di cinghiale e cervo. Sono alcuni dei principali risultati contenuti nella tesi discussa questo giovedì all’Università di Udine dalla neolaureata Nicole Sartori, studentessa di Ronchi dei Legionari del corso di laurea triennale in Scienze per l’Ambiente e la natura, del dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali.
La tesi.
Intitolata “Effetti del fuoco sull’utilizzo degli habitat da parte della fauna selvatica sul carso goriziano”, la tesi – con relatore Stefano Filacorda e correlatori Marcello Franchini e Lorenzo Frangini – è stata condotta nell’ambito dell’attività del team di ricerca dell’Ateneo sull’ecologia della fauna selvatica, coordinato da Stefano Filacorda.
Il 19 luglio 2022, infatti, una delle fototrappole (macchine fotografiche attivate dal passaggio degli animali) posizionate dai ricercatori a Jamiano, frazione di Doberdò del Lago per monitorare le comunità di mammiferi era stata circondata dalle fiamme: il dispositivo non si era danneggiato e aveva ripreso la scena, anche nei giorni a seguire. Da queste inaspettate immagini, è nata l’idea della tesi. Il lavoro ha previsto il potenziamento della rete di fototrappolaggio esistente, con la collocazione di ulteriori dispositivi in alcune aree del carso goriziano colpite e non dai roghi, scelte in modo da poterle confrontare rispetto ai possibili effetti su fauna e flora.
«Nei mesi successivi all’incendio immortalato – spiega il ricercatore Stefano Filarcorda – molte specie animali sono tornate nell’area: in particolare caprioli e lepri, la cui densità risulta ora triplicata rispetto alle zone non incendiate. Al contrario, cervo e cinghiale, che hanno un’alimentazione più varia e che necessitano di una maggiore quantità di cibo, hanno cominciato a prediligere gli ambienti incendiati solo nell’ultimo periodo, in aprile e maggio 2023. La presenza invece dello sciacallo dorato, specie rara in Italia – informa ancora Stefano Filacorda –è stata influenzata dagli incendi soltanto nel primo periodo, forse anche per la mortalità a carico dei piccoli mammiferi”.
I risultati, sottolineano i ricercatori dell’Ateneo, devono essere considerati preliminari: la raccolta dati prosegue per cercare di comprendere eventuali effetti a lungo termine dei roghi di luglio e agosto 2022 sull’ecosistema carsico.