La ricerca.
“Oltre ai dati che inquadrano il fenomeno delle infezioni in corsia come molto rilevante – 3,2 milioni di persone in Europa colpite ogni anno da infezioni correlate durante un ricovero e 37mila decessi direttamente associati alle infezioni – la ricerca presentata oggi illumina anche su un altro aspetto importante: è ormai evidenza scientifica che prevenire con un approccio innovativo la diffusione di batteri può ridurre i costi di una terapia farmacologica del 75% e del 50% le degenze. Occorre quindi continuare a investire nell’attività di prevenzione con la consapevolezza che la salute è, per sua natura, un percorso strutturalmente e continuamente inedito e richiede il coraggio di scelte che impongono non tagli ma redistribuzione di spesa”.
È il commento del vicegovernatore del Friuli Venezia Giulia con delega alla Salute, Riccardo Riccardi, ai dati della ricerca illustrata oggi al Castello di Canussio di Cividale nel corso del convegno “Come ridurre il rischio di Ica negli ospedali”.
La ricerca, uno studio multicentrico effettuato per 18 mesi con 30mila campioni ambientali e su 12mila pazienti in sei ospedali pubblici italiani, tra cui quello di Tolmezzo, dall’Università di Udine insieme agli atenei di Pavia, Ferrara, Messina e alla Bocconi di Milano, ha valutato gli effetti della sperimentazione:
in tutti i nosocomi dopo l’introduzione del sistema Pchs, fondato su una base chimica ecosostenibile a basso impatto ambientale a cui vengono aggiunte spore di batteri probioti buoni, ha prodotto un calo dell’83% dei patogeni misurati sulle superfici rispetto a quanto ottenuto con i consueti disinfettanti e un calo delle specie batteriche farmaco-resistenti fino al 99%.
Il decremento di contaminazione e dei fenomeni di antibiotico-resistenza (Amr) si è associato così a una diminuzione significativa (-52%) delle infezioni correlate (Ica) e degli antibiotici usati per le loro terapie (-63%) con conseguente riduzione delle spese: il costo per episodio di infezione ospedaliera è diminuito del 45,6%.
“Dal momento che l’analisi si è per ora concentrata solo sui costi dei farmaci, tenendo conto di altre variabili è probabile che le stime di risparmio siano sottostimate”, ha puntualizzato Carla Rognoni che per Bocconi ha realizzato lo studio.
“La cultura ospedale-centrica non aiuta: oltre a finanziare attività talvolta inutili e costose, spesso si aumenta anche la possibilità di rischio. Occorre superare un modello organizzativo di trent’anni fa e avere il coraggio di fare scelte che garantiscano la sostenibilità del sistema con una prospettiva di lunga distanza” ha commentato Riccardi ringraziando gli autori dello studio perché “è l’evidenza scientifica a dover guidare le scelte della classe dirigente”.
In Friuli Venezia Giulia l’ultima rilevazione sul fenomeno delle Ica risale al 2017 (proprio da ottobre 2019 partirà la nuova rilevazione prevista dai programmi regionali di qualità e sicurezza delle cure) e aveva valutato che il 5,7% dei degenti aveva contratto infezioni correlate all’assistenza.
“Si tratta di un trend positivo perché in progressiva diminuzione e più basso della media nazionale e europea: nell’ultima rilevazione a livello europeo del 2016-17, il dato si attestava al 6,5% in Europa e all’8% in Italia”, ha precisato a margine del convegno Luca Arnoldo che per l’Università di Udine si è occupato della ricerca multicentrica San-Ica ed è componente del Coordinamento regionale rete cure sicure Fvg.
“È necessario misurare per poter valutare l’impatto delle azioni messe in pratica per affrontare il problema” ha spiegato Arnoldo, precisando che l’80% delle principali categorie di infezione negli ospedali per acuti sono quelle chirurgiche, delle vie urinarie, sepsi, infezioni polmonari e gastrointestinali, mentre nelle strutture di lungodegenza il maggiore impatto è rappresentato dalle infezioni del tratto respiratorio, da quelle delle vie urinarie e delle cute.