Nuovo allestimento per il Museo Carnico di Tolmezzo.
È stato inaugurato “In Mont”, il nuovo allestimento dell’ala al piano terra del Museo Carnico delle Arti Popolari “Michele Gortani” di Tolmezzo, realizzato nell’ambito del progetto Interreg Italia/Austria 2014-2020 CLLD “Etnospazi – Musei in rete in area HeurOpen” e finanziato con fondi europei per lo sviluppo regionale.
I partner di questo progetto europeo sono il Museo Gortani, il Museo Etnografico Palazzo Veneziano di Malborghetto (di proprietà della Comunità di montagna Canal del Ferro e Val Canale), il GeoPark Karnische Alpen di Dellach am Gail e la rete CarniaMusei (gestita dall’ufficio cultura della Comunità di montagna della Carnia). Il progetto ha come obiettivo di fondo la creazione di un circuito che illustri il rapporto tra comunità alpine e territorio, per una maggiore integrazione socio-culturale e il potenziamento dell’attrattività turistica.
La vita in Carnia dal XIV al XIX secolo.
Il Museo Gortani, tra i più importanti dell’arco alpino, testimonia la vita in Carnia dal XIV al XIX secolo, e in questo rinnovato allestimento, la cui curatela è stata affidata all’Associazione Isoipse e a CarniaMusei Rete Museale – Comunità di Montagna della Carnia, presenta tre sale dedicate alla vita agricola al latte, alla malga, ai cuochi e alla cucina della Carnia, con un omaggio a Gianni Cosetti, che a partire dagli anni Sessanta fu il primo, in assoluta controtendenza, a proporre menù basati su prodotti locali e della tradizione.
Nel nuovo allestimento il patrimonio del Museo Gortani viene riproposto e valorizzato, accompagnato da contenuti descrittivi e di approfondimento in tre lingue (italiano, inglese e tedesco) che aiutano il visitatore a comprendere il contesto nel quale essi sono inseriti.
“Un nuovo allestimento accanto alle cucine carniche “cusine”: un nuovo modo per ripensare a tutto il percorso espositivo del Museo Gortani, coinvolgente, con un linguaggio non solo visivo, più vicino alle nuove generazioni, ma rispettoso del grande patrimonio etnografico sospeso nel tempo. Che possa far comprendere il filo conduttore delle molte attività di quest’anno: il tempo della memoria è il futuro” – ha sottolineato Aurelia Bubisutti, Presidente della Fondazione Museo Carnico delle Arti Popolari Michele Gortani nel corso dell’inaugurazione.
La sale interessate dal riallestimento.
Le sale interessate dal riallestimento tre. Ognuna di esse è stata dedicata a un tema. La prima in ordine di ingresso è “Dal campo al piatto”: una sezione dedicata all’evoluzione dell’agricoltura carnica, prevalentemente di sussistenza, e alla tradizione culinaria del territorio. Mais, patate, rape (importantissime nella cultura carnica tanto da essere raffigurate in alcuni stemmi della Carnia), cavoli (versatili e resistenti), fave, orzo, soia (che sgranata dal baccello, abbrustolita e mescolata con l’orzo era usata per ricavare una bevanda simile al caffè), frutta ed erbe di prato sono stati per molto tempo anche merce di scambio tra le vallate della Carnia e il Friuli. Completano la sala un focus sul maiale, sul lavoro delle donne, che in Carnia hanno sempre ricoperto un ruolo fondamentale nella vita di paese e per il sostentamento della famiglia, sull’alimentazione e sulla dieta carnica.
In “I cuochi in Carnia” si scopre che la riproposizione dei piatti della tradizione in chiave moderna comincia a partire dagli anni Sessanta, grazie all’operato di un originale innovatore della tradizione gastronomica carnica: Gianni Cosetti. Insieme a lui, ristoratori come i Salon di Piano d’Arta, i Cimenti di Villa Santina, i Treppo di Carnia, i Cristofoli di Treppo Carnico e altri, rendono protagonisti delle loro tavole gli alimenti tipici del territorio: le erbe, le trote, i funghi (Bepi Salon fu tra gli inventori della manifestazione Friulfungo, negli anni Sessanta del Novecento).
La seconda sala “Profumo di latte” porta il visitatore alla scoperta della produzione lattiero casearia in Carnia. Formadi, spongja e scueta (formaggio, burro e ricotta) sono stati fin dall’antichità alla base della dieta quotidiana carnica e al contempo preziosa merce di scambio. In una dieta povera di carne, zuccheri e grassi come quella carnica fino alla prima metà del Novecento, il latte e il formaggio – insieme alle uova – erano le principali fonti di proteine animali e il burro uno dei pochi condimenti disponibili. In questa sezione viene dato spazio ai luoghi della caseificazione – la malga, la latteria sociale, la casa per la produzione domestica -, alla varietà di formaggi più peculiari della Carnia e alle relative tecniche di produzione.
Infine nell’ultima sala “Vita e lavoro In Mont”, viene proposto un approfondimento sulla malga e sul sistema dell’alpeggio. Il pascolo alpino in Carnia è chiamato la mont. L’espressione “andare in mont” significa andare in malga. Per gli alpigiani dunque la “montagna”, il “monte” corrisponde a “pascolo”, “alpeggio”. Storicamente la monticazione del bestiame in mont è una soluzione strategica e quella che oggi si definirebbe una produzione sostenibile. Fino alla metà del Novecento la mont non è solo un sistema economico: è qualcosa che coinvolge l’intero sistema culturale carnico, la scala dei valori, il senso di appartenenza ai luoghi, una comunità di saperi, un patrimonio di leggende e di tradizioni. Al centro di tutto le malghe, le donne, gli uomini e i bambini e anche gli animali. Grande devozione e cura era rivolta loro; venivano benedetti in paese al momento della monticazione per proteggerli, santini e simboli religiosi abbondavano nelle stalle. Chiude il percorso una riflessione sulla trasformazione che sta interessando le malghe nei nostri giorni legata in particolar modo al fenomeno del turismo.