La centralina idroelettrica sul rio Pecol.
Un progetto che non piace e, soprattutto, non convince. È quello messo in campo dalla società Idroelettrica Pecol Srl, proponente di un impianto idroelettrico sul rio Pecol Lungo in comune di Paularo. Contro l’iniziativa si sono mossi alcuni cittadini del comune in Val d’Incarojo.
“La società – spiega il comitato per il rio Pecol – ha fatto richiesta di accesso ai contributi pubblici per le energie rinnovabili che, data la scarsa e intermittente resa energetica dell’impianto, sono la sua unica ragione d’essere. Dovessero partire i lavori, sarà devastato un rio ora intatto, verrà dimezzata la portata di un fiume fruito per tutta l’estate dalla popolazione e prosciugato l’ambiente circostante, saranno tagliati alberi e cementificati prati“.
Secondo quanto riportano i contrari al progetto, l’Arpa Fvg ha dichiarato il progetto “compatibile con l’ambiente”, secondo la Direttiva Derivazioni delle Alpi Orientali. Via libera, quindi, ai contributi pubblici per la produzione di energia idroelettrica.
“Eppure – dice ancora il Comitato – guardando le tabelle della suddetta direttiva e applicandole al progetto in questione, non si capisce come questo sia possibile. Il rapporto tra lunghezza del tratto sotteso (cioè quello interessato dalla derivazione) e quella del corpo idrico è maggiore di 0,50 (verrebbe cioè derivata acqua per più di metà della lunghezza del fiume); ancor più alto è il rapporto tra portata media derivabile e portata media naturale (0,68). Quindi, secondo i criteri illustrati nella direttiva, il rischio ambientale dell’impatto di una derivazione sul rio Pecol Lungo risulta essere alto, il massimo previsto”.
“Com’è possibile allora che il progetto possa ricevere contributi – si chiede ancora il sodalizio -? Come spesso accade, dietro a questioni tecniche che il cittadino naturalmente fatica a seguire si nasconde una rapina ai danni dell’ambiente, perché il rio Pecol e il territorio circostante ne risulteranno gravemente danneggiati, e ai cittadini, perché queste tariffe incentivanti sono pagate con soldi pubblici, quindi di tutti. Ci appelliamo agli enti competenti – conclude il Comitato – perché facciano chiarezza su questa autorizzazione inspiegabile, e ai rappresentanti eletti della cittadinanza perché vigilino sui fiumi e sulle leggi che dovrebbero proteggerli”.