Il processo al datore di lavoro del boscaiolo Vittorio Dorigo.
La “solita” morte bianca evitabile, frutto della mancata osservanza delle più banali norme antinfortunistiche e della carenza di formazione. Si avvicina l’ora della giustizia per i familiari di Vittorio Dorigo, il boscaiolo di appena 55 anni deceduto il 7 luglio 2020 ad Ampezzo, il paese nel quale anche risedeva, travolto e schiacciato da un faggio che stava tagliando.
A conclusione delle indagini preliminari, il Pubblico Ministero della Procura di Udine, Barbara Loffredo, titolare del relativo procedimento penale, ha chiesto il rinvio a giudizio per il reato di omicidio colposo, con l’aggravante di essere stato commesso, per l’appunto, con la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, per F. D. B., 55 anni, di Villa Santina, in qualità di presidente del consiglio di amministratore dell’impresa “Danta Legnami e Biomasse Srl” di Verzegnis nella quale il lavoratore era regolarmente assunto. E riscontrando la richiesta, il Gup del Tribunale, Carlotta Silva, ha fissato per martedì 21 dicembre, dalle 11.30, nel palazzo di Giustizia di Largo Ospedale Vecchio, l’udienza preliminare di un processo dal quale i congiunti della vittima, assistiti da Studio3A con la collaborazione dell’avvocato Elisabetta Zuliani, si aspettano risposte anche sul fronte penale.
Com’è tristemente noto Dorigo, che ha lasciato otto tra fratelli e sorelle a cui era molto legato (con quattro di loro abitava anche assieme), quel maledetto giorno era impegnato in località Monte Pura nelle operazioni svolte dall’impresa di cui era dipendente di taglio degli alberi abbattuti in seguito alla calamità dell’autunno 2018. Con una motosega, stava separando il tronco di un possente faggio caduto dalla ceppaia quando all’improvviso è stato travolto da quest’ultima: un colpo tremendo che gli ha causato la compressione e lo sfondamento del torace con fratture costali multiple e lacerazioni polmonari che non gli hanno lasciato scampo.
La Procura di Udine ha subito aperto un fascicolo per omicidio colposo iscrivendo nel registro degli indagati il datore di lavoro e ora ne ha chiesto il processo sulla scorta di un’accurata inchiesta a cui hanno contribuito anche gli ispettori del Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda Sanitaria Universitaria del Friuli Centrale, i Carabinieri di Forni di Sopra e i consulenti tecnici nominati da Loffredo per l’esame autoptico, il medico legale Antonello Cirnelli, e per la ricostruzione della dinamica e della cause dell’incidente, il dottore forestale, nonché Commissario del Corpo Forestale regionale, Mario Di Gallo.
Al titolare della Danta Legnami e Biomasse si imputa la colpa di aver redatto – per citare l’atto del magistrato – “un Documento di Valutazione dei Rischi privo di un’analisi dei pericoli conseguenti i rischi derivanti da operazioni di taglio ed allestimento condotte su piante colpite da tempesta (schiantate, stroncate, impigliate, soggetto a liberazione improvvisa di energia e movimenti improvvisi), e di non aver fornito ai propri lavoratori “un’adeguata formazione ed addestramento in materia di procedure operative di intervento su alberi colpiti da tempesta”: è stato accertato che l’operazione condotta dal boscaiolo era stata eseguita senza le cautele necessarie, nel senso che l’operaio si era posizionato a valle del tronco e senza assicurare preventivamente la ceppaia con idonei sistemi di trattenuta.
I fratelli di Vittorio Dorigo, che hanno perduto il “pilastro della famiglia” come hanno sempre descritto commossi il loro caro, per essere tutelati, attraverso il responsabile della sede di Treviso, Diego Tiso, si sono affidati a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, che ha già ottenuto per i propri assistiti un equo risarcimento per la loro perdita dalla compagnia di assicurazione dell’azienda. Ora però si aspettano anche una pena congrua sotto il profilo penale per rendere piena giustizia al fratello e anche per chiudere il doloroso capitolo giudiziario di una ferita che per il resto non si rimarginerà mai.